Prima o poi lo abbiamo detto tutti
Non ho tempo di …
E come dar(ci) torto? In fondo, il tempo è una quantità con unità di misura per definite: secondi, minuti, ore, giorni. In un giorno ci sono 24 ore, e se per 8 ore lavoro, 8 ore dormo, mi restano solo 8 ore per fare tutto il resto.
Uhm … ok. Ma …
C’è un ma, infatti, in tutto questo. Perché se è vero che ci sembra che il trascorrere del tempo sia qualcosa di oggettivo, è pur sempre vero che è assolutamente soggetto alla nostra percezione di esso.
Hai presente quando sei in fila in banca e, in fondo, attendi per soli 10 minuti, ma ti sembra di esserci nato/a là dentro e stai già pensando di farti portare la tenda canadese per pernottarci perché pensi che da là non uscirai mai?
E ti ricordi quella volta che hai rivisto quella persona con che ti mancava tanto e avete avuto tempo di parlare 10 minuti, ma ti è sembrato che il tempo fosse volato e avresti voluto che quell’incontro durasse molto di più?
Ecco, questo è quello che intendo con percezione del tempo.
Francamente devo dire che prima di cominciare a praticare yoga e mindfulness, non mi era davvero così chiaro questo concetto.
E poi ho capito. L’orologio continuerà sempre a scandire i secondi, i minuti e le ore con la sua solita cadenza. I giorni saranno sempre di 24 ore e le settimane composte da 7 giorni. Ma abbiamo la possibilità, all’interno delle nostre vite frenetiche di decidere come vivere quelle ore e quei giorni.
La prossima volta che siamo in fila in posta. Invece di guardare continuamente l’orologio e spazientirci perché gli addetti allo sportello non lavorano più velocemente, possiamo, per esempio, decidere di investire quei 10 minuti in fare delle respirazioni profonde e concedere al nostro corpo e alla nostra mente alcuni preziosi momenti di relax.
La prossima volta che troviamo una coda un po’ più lunga al semaforo, invece di arrabbiarci e inveire contro gli altri automobilisti, cosa che se non serve a nulla se non avvelenare il nostro benessere, possiamo, per esempio, scegliere quella canzone che ci piace tanto e cantarla a squarciagola come non facevamo da tanto tempo.
La prossima volta che siamo in stazione e attendiamo quel treno che, tanto lo sapevamo, sarà in ritardo, invece che ripiegarci a collo curvo sul nostro smartphone, scorrendo compulsivamente la bacheca di Facebook, potremmo magari decidere di fare vagare il nostro sguardo intorno a noi. In basso, in alto. Osservando le altre persone, immaginando le loro vite, cogliendo l’imperfetta perfezione di quell’attimo di vita che non si ripeterà mai più.