Che cos’è il sostegno psicologico alla genitorialità o, nella sua definizione in inglese, il parent coaching? E’ solo l’ultima invenzione “markettara” o ci possono essere degli orizzonti di utile sviluppo per i genitori che decidano di cominciare un percorso di questo tipo?
Molte persone, quando si parla di supporto alla genitorialità condotto con un psicologo, si allarmano. E’ ancora radicato, infatti, il pregiudizio che dallo psicologo “ci vanno i matti” e, quindi, per proprietà transitiva se io, genitore, decido di rivolgermi ad un professionista per problematiche relative ai miei figli o alla mia famiglia, devo per forza avere qualcosa che non va o, peggio, sono un cattivo padre o una cattiva madre.
Un’altra obiezione che sento spesso muovere è che fino a qualche anno fa di parent coaching non se ne era mai sentito parlare e che le famiglie se la cavavano da sole. E’ vero. Ma è anche vero che la gestione famigliare, il mondo lavorativo, e l’universo sociale in cui ci si muoveva erano molto diversi. Inoltre, non è che poiché non si parlava di genitorialità efficace non si instaurassero dinamiche disfunzionali all’interno delle famiglie. Il grande numero di adulti che si rivolge ai terapeuti per cercare di dare un senso ai propri vissuti dolorosi maturati nella propria famiglia di origine ne è la prova.
Diciamocelo chiaramente: la quotidianità del 2015 è complessa. I ritmi giornalieri sono incalzanti. Riceviamo una quantità di informazioni, spesso allarmanti, in un flusso superiore a quello che riusciamo ad elaborare. Il mondo in cui viviamo da adulti è decisamente cambiato rispetto a quello che abbiamo vissuto da bambini e da adolescenti. Di conseguenza, diventa anche molto più complesso crescere delle piccole persone. Spesso ci si riesce senza troppi scossoni. A volte, invece, le difficoltà possono aumentare.
Non si tratta di cambiare la famiglia o di stravolgere i valori che la tengono unita. Piuttosto ci si concentra sulle risorse che la famiglia già possiede, sviluppando e potenziando le life skills, o competenze sociali, e cioè:
Si tratta di trovare il proprio modo, per esempio, di gestire e e fare rispettare le regole all’interno della famiglia, creare un ambiente aperto e accogliente che favorisca la comunicazione, riuscendo a muoversi con consapevolezza tra le possibilità da offrire a se stessi e ai propri figli e i vincoli e i limiti che è necessario porre e porsi.
Un percorso di parent coaching può essere organizzato sia con piccoli gruppi di genitori, sia con una sola unità genitoriale. Non si tratta di una terapia di coppia o di una terapia famigliare, pertanto, fatto salvo per casi particolari e da valutare singolarmente, è un percorso dedicato agli adulti, generalmente di durata limitata in termine di numero di incontri e di lasso temporale.
Lo psicologo che effettua un intervento di supporto genitoriale non è un mentore della famiglia, né una guida valoriale. Il suo ruolo non è quello di suggerire soluzioni e strategie che lui/lei ha utilizzato nella sua esperienza. Per fare supporto genitoriale non è, infatti, necessario essere a propria volta genitori. D’altra parte non si chiederebbe ad uno psicologo che si occupa di tossicodipendeze o di attacchi di panico di essere lui/lei stesso/a dipendente da sostanze stupefacenti o soffrire di attacchi di panico per poter essere di aiuto.
Lo psicologo non fa da maestro, ma utilizza la sua conoscenza del funzionamento della psiche umana per favorire la comprensione e l’evoluzione. Ogni unità genitoriale sceglierà poi per sé le alternative più efficaci ed in linea con il proprio sistema di valori e progetto di vita.
Lo psicologo ascolta senza giudicare l’esperienza che i genitori portano con lo scopo di favorire la comprensione di quali sono le risorse su cui possono fare leva e quali, invece, è utile sviluppare ulteriormente. Fornisce informazioni ed indicazioni su cosa sono e come si sviluppano le life skills, agevolando la comunicazione e l’espressione efficace delle emozioni. E’ di supporto ai genitori nello sperimentare le nuove competenze sviluppate e nel gestire eventuali difficoltà che possono emergere nell’applicarle quotidianamente.
Uno psicologo ha una formazione universitaria di almeno cinque anni in materia psicologica, un tirocinio di 12 mesi, dopo il quale ha sostenuto un esame di stato per l’abilitazione professionale. E’ iscritto ad un Ordine Regionale, ed è tenuto a rispettare un codice deontologico che prevede, tra le altre cose, la riservatezza. E’, inoltre, tenuto ad un aggiornamento professionale continuo. Uno psicologo non lavora solo con il disagio e con il disturbo, ma è addestrato a diagnosticarlo, e pertanto è in grado di calibrare il suo intervento a seconda del tipo di problematica che gli/le viene sottoposta.,