Nel costante bodyshaming che ci bombarda su media e social media, molto spesso le persone invece che limitarsi a ribattere che non si commentano i corpi punto e stop, finiscono per sostenere che le persone hanno diritto ad amare il proprio corpo, purché siano salute. Il che generalmente è una implicazione che svaluta in particolare chi ha un corpo grasso e/o chi ha un corpo non conforme.
Nel nostro Paese, secondo stime aggiornate nel 2019 dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, quasi il 40% della popolazione soffre di almeno una patologia cronica. Si tratta di 24 milioni di persone, e circa la metà presenta multicronicità. E sono numeri per la quale è prevista una costante crescita nei prossimi anni.
Credo si capisca dove voglio andare: le persone meritano rispetto perché sono esseri umani. Non perché sono giovani o stereotipicamente bellə o apparentemente in salute. Ogni volta che una argomentazione finisce con “purché tu sia in salute”, un goblin dell’eugenetica esulta e la palude putrida del sanismo e dell’abilismo si allarga sempre di più.
Lo so che non è facile contendere con l’idea che essere in salute sia equivalente a vincere alla lotteria, che anche chi nasce non disabile lo è solo temporaneamente e che il fine vita è una delle poche certezze che caratterizza la nostra esistenza, ma la soluzione non è dividere l’umanità in categorie di seria A e di serie B.
E’ il 2023, usiamo Google, magari?