Lo abbiamo imparato probabilmente in una lezione di scienze già alle elementari: il dolore fisco è un sintomo, un segnale che il nostro corpo ci dà per dirci “stai attento/a qui c’è qualcosa che non va”, oppure “riposati un po’”. Il decorso normale e auspicabile è che si comprenda la ragione di quel dolore, si prendano le misure necessarie, e dopo una terapia o un po’ di riposo, si possa tornare alla vita normale.
Eppure ci sono situazioni in cui questo non succede. Il dolore non si placa, continua. E’ parte della vita quotidiana. Il dolore diventa, insomma, cronico. E quando si arriva a questo punto, non si tratta più solo un sintomo ma di qualcos’altro: il dolore cronico diventa una malattia a sé stante.
Ne sanno qualcosa le persone che soffrono di dolore cronico a causa di fibromialgia, endometriosi, vulvodinia, cefalea, esiti di traumi, neuropatia, artrosi … (e l’elenco potrebbe continuare) che, oltre a combattere contro la propria malattia, sono costretti/e a fare i conti con la presenza costante di questo indesiderato compagno di vita.
A volte accade che il dolore cronico si accompagni alla Sindrome della Fatica Cronica “(CFS, Chronic Fatigue Syndrome), una fatica persistente per almeno 6 mesi che non è alleviata da riposo, che si esacerba con piccoli sforzi e che provoca una sostanziale riduzione dei livelli precedenti delle attività occupazionali, sociali o personali (Carlo-Stella et al., 2004)” [Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/2015/09/dolore-cronico-trattamento-multisistemico/]. Per chi non ne ha mai sofferto è difficile comprendere quanto possa essere frustrante convivere con questo tipo di sintomi.
Una descrizione accurata, anche se riporta naturalmente un personalissimo punto di vista individuale, è quella raccontata da Aleks Wells, blogger britannica e volontaria endometriosi, e che ho tradotto e ripubblicato in italiano con il suo permesso a questo link.
Chi soffre di dolore cronico oltre a dover fare i conti con un possibile cambio repentino del proprio stile di vita, inclusa la capacità lavorativa, insonnia, impossibilità a gestire attività quotidiane considerate normali, spesso si trova anche in una condizione di isolamento. Se si chiede ad una persona che soffre di dolore cronico quali siano i peggiori commenti che abbia mai sentito rispetto alla propria sofferenza, probabilmente vi risponderà che ha ricevuto risposte sbalordite:
“soffri di dolore cronico? Non si direbbe, fisicamente mi sembri normale!”
oppure risposte prive di empatia:
“beh, non può essere così grave, prendi una pillola, fai un po’ di movimento ti passerà!”
La mancanza di supporto sociale è un fattore che può influenzare molti aspetti della vita di una persona che soffre di dolore cronico, con ripercussioni estremamente negative sul suo stato psicologico ed emotivo.
Anche chi soffre di dolore cronico può aiutare le persone che gli/le stanno intorno a comprendere meglio il suo problema. Per esempio, ricordando quanto può essere inimmaginabile una situazione di questo tipo quando si sta bene. O ancora, provando empaticamente a ipotizzare che il nostro stare male può fare sentire impotenti e preoccupate le persone che ci stanno intorno, e può anche impaurire perché nessuno di noi vorrebbe sentirsi così.
Ma cosa si può fare davvero? Sotto certi punti di vista è necessaria una certa quota di accettazione: accettazione verso il fatto che si ha una malattia cronica e che probabilmente è gestibile ma non curabile, accettazione che è necessario fare dei cambiamenti nella propria vita quotidiana, e comprendere che l’accettazione è un processo circolare e che solo perché in un determinato momento della mia vita mi pareva di essere riuscito/a fare i conti con la malattia non è detto che con il passare del tempo non debba rimettere di nuovo tutte le carte in tavola. Il tutto senza mai dimenticare un elemento fondamentale: la speranza, perché ogni giorno può essere una nuova opportunità che accada qualcosa di diverso da ieri, se siamo in grado di coglierla.
Un interessante contributo su questo tema lo si può trovare nel documento “La cassetta del pronto soccorso del dolore”.
Anche l’approccio medico verso il dolore cronico sta cambiando e si sta evolvendo. Non si punta più solo sulla farmacologia, ma su un approccio multi-sistemico che tenga conto anche delle competenze psicologiche e del supporto sociale a disposizione della persona e dell’importanza di non considerare corpo e mente come due entità separate. Sempre di più, infatti, la psicoterapia è uno strumento fondamentale per la gestione del dolore, soprattutto se, quando possibile, si affianca ad attività fisiche volte a sviluppare una maggiore consapevolezza, come lo yoga.
Condividere la propria esperienza di dolore cronico è molto importante, per questo motivo anche quest’anno la Fondazione ISAL il 3 ottobre celebra l’evento “100 Città Contro il Dolore”, una manifestazione di carattere internazionale per informare il pubblico sul dolore e sulle strategie per gestirlo.
L’Associazione Italiana Endometriosi Onlus ha aderito anche quest’anno al progetto, e pertanto saranno allestiti diversi tavoli informativi sull’argomento in tutta Italia.