Essere alleat* è un impegno quotiano
Cosa faremo quando l’eco delle manifestazioni #BlackLivesMatter sarà un ricordo?
Sembra ci sia stato un risveglio di coscienze. Anche la mia.
Sapevo del nostro atroce passato coloniale, del fascismo, dello Ius Soli, del Mediterraneo, delle vite spezzate dei braccianti, delle persone afroitaliane offese, ridicolizzate, discriminate, violate. Sapevo del pregiudizio sanitario verso le persone nere.
Sapevo, e mi ero adagiata nel privilegio, come se bastasse sapere. Ma non basta.
Quello che è successo dal 25 maggio in poi ha reso evidente che noi bianch* che dobbiamo agire.
Quando senti nelle viscere di avere un privilegio figlio di sistema creato appositamente, la sensazione è quella di disagio, vergogna, colpa. Capirai!
Nulla in confronto a ciò che prova qualcun* che ogni giorno deve alzarsi dal letto non sapendo quando e chi metterà loro un ginocchio sul collo (reale o metaforico), ma sapendo che molto probabilmente accadrà prima che possa coricarsi di nuovo alla sera.
Le manifestazioni e gli hashtag sono importanti. Ciò che conta è anche il lavoro silenzioso di studio, di riflessione e approfondimento personale, di fare spazio a voci e a corpi diversi dai tuoi, di discussione e contrasto in famiglia, al bar, al lavoro, sui social, a scuola, nelle nostre comunità.
Non so esattamente quali siano i passi di questo cammino.
So che sbaglierò e farò ancora del male. So che su questo cammino non mi merito medaglie o un diploma di buon* alleat* perché è semplicemente il minimo che può fare un essere umano decente.
Ti potrebbe interessare anche: