Se non avete fatto attenzione ai media e ai social probabilmente vi siete persi una gravissima dichiarazione che l’attuale pontefice ha espresso sull’aero di ritorno dall’Irlanda. Qui potete leggere cosa è successo e vedere il video.
Perché gravissima? In molti hanno sottolineato che la posizione omo-lesbo-bi-transfobica della Chiesa Cattolica verso l’intera comunità LGBT+ è nota e conosciuta. Il problema è che questo pontefice, che spesso viene acclamato come progressista e accogliente, questa volta è arrivato addirittura ad affermare che se l’omosessualità si esprime in giovane età allora si può ancora porre rimedio con la psichiatria.
Se fossi una psichiatria sarei molto, ma molto, arrabbiata.
Significa che tutta la comunità scientifica internazionale, di cui psichiatri e anche noi psicologhe siamo parte, afferma che eterosessualità, bisessualità e omosessualità sono naturali varianti della sessualità umana. E cioè? Che come ci sono occhi verdi, marroni e blu, una persona può innamorarsi di una persona dello stesso o dell’altro sesso ed è assolutamente normale.
Quando dice che si può andare dallo psichiatra, Bergoglio fa intendere che l’omosessualità sia qualcosa che può essere corretto dalla medicina. Niente di più scorretto. Sappiamo che le terapie riparative sono inutili e dannose, tanto che via via in diverse nazioni le stanno dichiarando illegali, mentre in Italia se un iscritto all’albo dei medici o degli psicologi le pratica deve essere segnalato all’Ordine di appartenenza che può anche deliberare per la radiazione.
Le terapie riparative sono una gravissima forma di violenza e tortura che fanno danni irreparabili alla persona che le subisce.
Come detto più sopra, l’omosessualità è una variante della sessualità umana assolutamente normale. L’inquietudine che la persona può provare, semmai deriva dal fatto che viviamo in una società omo-lesbo-bi-transfobica in cui le persone LGBT+ sono maggiormente a rischio di subire discriminazioni, bullismo e violenza, e in cui una coppia omosessuale ha meno diritti civili di una coppia eterosessuale. Quando lo stesso stato decide che se sei omosessuale hai gli stessi doveri ma non gli stessi diritti di una persona eterosessuale, quando in televisione, nelle scuole e nei posti di lavoro ci si permette ancora di deridere, discriminare e bullizzare persone LGBT+, forse non si vive una vita molto tranquilla. Ma questo non ha nulla che fare con l’amore che si prova per un’altra persona, ha piuttosto a che fare con le posizioni retrograde e bigotte di una società che non è capace di essere inclusiva verso tutte le persone.
Detto questo, ci sono altre due cose molto importanti che vanno dette.
Ci sono tante famiglie che si rivolgono alla neuropsichiatria infantile (ed è questa la specializzazione che si occupa dei minori, la psichiatria si occupa degli adulti) perché il figlio o la figlia possono avere delle problematiche tali per cui è necessario questo tipo di professionista. Facciamo attenzione a non fare passare un messaggio di stigmatizzazione o discriminazione per chi si rivolge a questo tipo di servizi. L’importante è avere ben chiaro che nessun medico può e deve sottoporre nessuna persona, minorenne o maggiorenne, a terapie riparative.
In ogni caso, dei genitori i cui figli facciano coming out e che vogliono capire come meglio poter stare loro vicini e supportarli (visto al momento è raro che si parli correttamente di omosessualità in contesti istituzionali: manca l’educazione di base, insomma) possono assolutamente rivolgersi alle associazioni LGBT+ che svolgono anche una attività informativa o formativa. Possono anche rivolgersi ad una psicologa che possa aiutarli a superare eventuali credenze o stereotipi che possano ostacolare un rapporto sano con il/la proprio/a figlio/a e la sua identità sessuale.
Molte persone LGBT+ si rivolgono a studi di psicologia e psicoterapia. Perché sono persone come tutte le altre e possono avere difficoltà per le quali decidono di farsi aiutare. A volte, le difficoltà riguardano il rapporto con la famiglia di origine che, purtroppo rifiuta il figlio o la figlia per il suo orientamento sessuale. Oppure la vita lavorativa, in cui una persona LGBT+ può temere di essere discriminata (o lo è stata). Di sicuro, nei nostri studi non proponiamo terapie riparative e, anzi, se sei a conoscenza di qualcuno/a che le propone ti prego di segnalarlo/a all’ordine di competenza, a maggior ragione se è qualcuno che lavora nel servizio pubblico.
Mi piacerebbe molto che un giorno non si dovesse più reagire a dichiarazioni di questo tipo e che non ci fosse più bisogno di parlare di diritti civili delle persone che si identificano come LGBT+.