La riflessione di oggi nasce da un reel di @narraction che sottolineava il non allineamento tra la psicoterapia e la diagnosi neuropsicologica, in particolare sulle neurodivergenze. E sono d’accordo.
Io sono molto critica dell’impianto legislativo e formativo della psicoterapia in Italia, talvolta a mio detrimento dato che è uno dei miei titoli di studio.
Ciò che accade fin troppo spesso è che in quei 4 anni di fatica, lacrime ed esaurimenti nervosi (e crateri nei conti correnti) non si toccano tematiche che hanno a che fare con le neurodivergenze, le identità LGBTQ+, la disabilità, la razzializzazione, la grassofobia. Insomma tutto il bagaglio fondamentale per lavorare con persone all’intersezione di più marginalizzazioni resta responsabilità dellə professionista.
Nel mondo psy, poi, permangono gerarchizzazioni di titoli di studio che sono assurde e che ostacolano una fattiva collaborazione tra professionistə a discapito dellə pazienti.
Ci sarebbe poi da parlare dei costi, delle attese e degli ostacoli legislativi all’accesso di determinati farmaci, ma rischio di rompermi tutti i capillari degli occhi.
La si fa (o la si dovrebbe fare) in medicina, così come in psicologia. Se non lo si fa, si crea un danno allə pazienti che potrebbero non ricevere le cure adeguate.