Carə studentə, studenti e studentesse dell’università … era da po’ che volevo scrivere questo post, ma non trovavo le parole giuste. Poi ho realizzato che non scrivevo per me, e quindi, eccomi qui. E sono qui per chiedere scusa, per come la mia generazione e quelle precedenti alle mia vi abbiamo totalmente dimenticato e relegatə al silenzio delle vostre scrivanie.
Vi ho vistə durante quest’anno dire addio all’Erasmus, dover rinunciare a sperimentarvi in uno spazio nuovo dove conoscere persone con le quali finalmente sentirvi bene. Vi ho vistə mentre politici e perfino docenti vi dicevano “beh, non avete altro da fare, studiate, no?”, come se non sapessimo che la pandemic fatigue sottrae energie, motivazione, capacità di concentrazione e leggere una pagina di un libro è diventata un’impresa titanica. Vi ho vistə tornare a casa da una famiglia con cui non vorreste avere nulla a che spartire oppure affrontare da solə una quarantena nella stanza dello studentato.
Avete affrontato lutti, ospedalizzazioni, la paura per la crisi economica e il non sapere come fare a trovare quel lavoro che vi serve per avere un minimo di autonomia. Ho visto anche vostri colleghə rifiorire una volta eliminato lo stress del casa-treno-lezione-treno-casa: la dimostrazione anche prima del 2020 all’università non interessava l’equo accesso allo studio.
Avete il diritto di pretendere di smettere di essere valutatə come si faceva prima di ritrovarsi nell’Upside Down come se nulla fosse cambiato. Avete diritto di pretendere un posto al tavolo delle decisioni perché nessunə, se non voi, sa cosa significa stare all’università durante una pandemia. Avete il diritto di farci callout e non lasciare che andiamo avanti senza prima aver riconosciuto quanto abbiamo sbagliato nei vostri confronti.