Succede che un giorno il giornalista Mario Macchioni del Il Post mi contatta per chiedermi se sono disponibile a fare una piccola intervista sulle microaggressioni.
Succede che all’inizio penso che sia uno scherzo perché mi pare impossibile che la testata che per me (e per tant*) è stata un faro nella notte dell’informazione in pandemia chieda proprio a me.
Succede che mio marito e le mie due coscienze extracorporee che sono i miei due più cari amici mi dicono di farla.
Succede che mi ricordo delle parole che mi sono state dette non molto tempo fa: è tempo di metterci la faccia e non lasciare che siano sempre gli altr* a fare la fatica di parlare di certi argomenti.
E siamo qui. Sono estremamente grata che una testata generalistica nazionale abbia deciso di iniziare a parlare di questa tematica. E sono grata che sia stata interpellata una psicologa, perché le microaggressioni, quotidiane e subdole, hanno influenze estremamente negative sulla nostra salute mentale.
Microaggressioni razziste, abiliste, grassofobiche, omolesbobitransfobiche, sessiste, sessuofobe, contro persone sullo spettro autistico, i/le sexworker, persone in relazioni poliamorose, persone che si riconoscono sotto l’ombrello dell’asessualità e/o dell’aromanticità, persone con malattie croniche, sono all’ordine del giorno, e sono ancora troppo tollerate.