Guilty Pleasure è un termine inglese che indica un film, una serie tv o una canzone che ci piace, ma avendo magari la fama di essere un prodotto commerciale o poco intellettuale, ci si vergogna di ammetterlo e, se lo si fa, si sminuisce la cosa facendo questa piccola ammissione di colpa.
Lo scorso weekend stavo ascoltando la prima puntata del podcast Le 16 Candeline ideato e condotto da Eugenia Fattori e Francesca Anelli, e ho cominciato ad applaudire dalla mia cucina con il mocio in mano quando hanno espresso l’idea che dovremmo smettere di parlare di Guilty Pleasure perché ciò che ci piace non dovrebbe farci sentire in colpa.
La colpa ha a che fare con l’idea di aver fatto qualcosa di sbagliato. Ma, fatte salve questioni universali legate al danno che possiamo fare ad un’altra persona, quel qualcosa di sbagliato non è una regola che esiste a prescindere ma è il risultato di norme sociali, culturali e spesso anche famigliari. Per qualcuno la piacevolezza colpevole potrebbe essere un pomeriggio di pausa dallo studio o dal lavoro, una fetta di torta, una coccola, di qualsiasi tipo, che ci fa stare tanto bene ma che, in qualche modo, pensiamo che non dovremmo concederci.