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Colpa mia o merito tuo?

Colpa mia o merito tuo?

Attribuisci i tuoi successi (o insuccessi) al tuo impegno o alla (s)fortuna? Il tuo stile attributivo può influenzare le tue prestazioni

Ci sono moltissimi fattori individuali e sociali che possono giocare un ruolo importante nei nostri successi o nei nostri insuccessi. Aspetti molto interessanti da tenere in considerazione e di cui è utile avere una buona consapevolezza individuale sono gli stili attributivi.

Si parla di stile attributivo facendo riferimento ad un insieme di credenze, sufficientemente stabile, che ognuno di noi impiega per spiegare alcuni fenomeni, come per esempio meriti e/o colpe di successi ed insuccessi.

Questo è un argomento particolarmente interessante per gli studenti, ma anche per gli sportivi. Ma in generale, essendo legato anche alla nostra auto-stima e senso di efficacia, è una tematica che può interessare ognuno di noi: nella nostra vita lavorativa, relazionale e personale.

Prova a ritornare con la mente ai tuoi successi più significativi: una vittoria sportiva, una promozione lavorativa, una laurea, aver avuto ragione sul tuo vicino di casa durante una riunione di condominio. Che spiegazione hai dato a quel particolare successo? E’ stato merito del tuo impegno? E’ stato un colpo di fortuna? Le risposte che dai queste domande possono contribuire a costituire il tuo stile attributivo.

La stessa cosa potresti fare con quelli che consideri alcuni dei tuoi insuccessi o imprese meno riuscite. A chi ne attribuisci la responsabilità? Sei tu che non ne combini mai una giusta, oppure sono gli altri che sono stati sleali nei tuoi confronti?

Può sembrare una cosa di poco conto, eppure il nostro stile attributivo (che va considerato comunque una tendenza e non una regola matematica) può essere una carta vincente che ci aiuta a scaldare il fuoco che anima la nostra motivazione, oppure può contribuire ad aumentare il peso che non ci fa progredire.

Vediamo, dunque, insieme due stile attributivi e come possono combinarsi insieme. Gli stili attributivi che trattiamo in questo articolo sono:

# 1 – Stile attributivo interno o esterno

# 2 – Stile attributivo globale o specifico

Il primo stile attributivo, conosciuto anche come locus of control, è stato teorizzato già nel 1958 da Heider. Una persona con uno stile attributivo interno fa riferimento a cause interne alla persona, come per esempio l’impegno o le abilità possedute.

Uno stile attributivo esterno, invece, attribuisce le cause a fattori esterni alla persona come per esempio fortuna/sfortuna, compito facile/difficile o buona/cattiva disposizione nei nostri confronti da parte di altre persone coinvolte.

Lo stile attributivo globale/specifico fa riferimento a quanto noi generalizziamo o meno il risultato di evento per ricavarne spiegazioni di altri eventi simili o di nostre caratteristiche personali.

Facciamo un po’ di esempi concreti. Anna ha 18 anni ed è una nuotatrice agonista e ha di recente mancato il podio. Se Anna dice:

“Sono stata proprio sfortunata oggi, mi è entrata dell’acqua negli occhialini: per quello non ho nuotato bene”.

Anna sta utilizzando uno stile attributivo esterno (la sfortuna). Attribuendo il risultato della gara alla mala sorte, Anna si protegge un po’ dalla sensazione negativa di dover affrontare la sconfitta, ma al tempo stesso non ne può trarre nessun insegnamento per migliorare in futuro: la fortuna, si sa, è cieca e non può essere comandata. In questo caso, però, è possibile argomentare che si tratti anche di una attribuzione specifica: oggi le è entrata l’acqua negli occhialini, magari non succederà sempre.

Se, invece, dicesse:

“Come sempre sono stata sfortunata, non me va mai bene una in gara”.

Oltre ad utilizzare uno stile attributivo esterno (la sfortuna) è anche globale perché, in fondo, Anna si considera una atleta sfortunata: pensa che sia una sua caratteristica. In questo caso, ad Anna resta ben poco da fare, se è la sfortuna che decide la sua sorte in gara e, a quanto pare, succede sempre, che motivo ha di continuare ad allenarsi o di continuare a gareggiare?

Se Anna, invece, dice:

“Mi sono allenata molto, ma in fondo non mi sono impegnata al massimo in questa gara, potevo fare di meglio.”

Anna sta utilizzando un stile attributivo interno (“non mi sono impegnata al massimo”) e specifico (“in questa gara”). Anna fa riferimento alle sue risorse interne e pertanto valuta le circostanze sulla base di qualcosa che può controllare: il suo impegno nella gare. Inoltre, non pensa che questo sia un comportamento che tiene sempre, ma è successo in questa gara in particolare. Di conseguenza, si lascia aperta sia la possibilità di impegnarsi maggiormente sia che sia effettivamente possibile fare meglio in altre occasioni.

Questi erano solo alcuni esempi di come diversi stili attributivi possono essere combinati (e ognuno di noi lo fa in circostanze diverse) e di come possono anche influire sulla nostra motivazione e sulla nostra volontà di proseguire un percorso o interromperlo.

Non esiste uno stile attributivo necessariamente migliore di un altro. E’, però, già evidente anche dai tre semplici esempi elencati qui sopra che la causa a cui noi attribuiamo i nostri successi o insuccessi non è cosa da poco. Può avere ripercussioni importanti sul nostro senso di auto-efficacia e sulla nostra autostima.

Di conseguenza è bene esserne consapevoli e, se ci accorgiamo di utilizzare abitualmente degli stili attributivi che ci sfavoriscono nella maggior parte delle occasioni chiedere la consulenza di uno psicologo per comprenderne i motivi e capire come potersi muovere in maniera diversa.

 

Sono una psicologa psicoterapeuta e lavoro a Rovigo e online. Mi occupo del benessere psicologico di adulti e adolescenti.

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